Il progetto di vita tra visione educativa, riforma normativa e fragilità del sistema dei servizi
Nel campo della disabilità, il concetto di “progetto di vita” è diventato una parola d’ordine.
Ma siamo sicuri che venga usato nel modo giusto?
L’inserto di Animazione Sociale n. 378, firmato da Carlo Lepri e Carlo Francescutti, ci invita a una riflessione profonda: ogni progetto esistenziale dovrebbe essere “scritto a matita”, cioè modificabile, riformulabile, aperto all’imprevisto.
Una visione che si scontra con l’attuale deriva tecnicistica e con le fragilità del sistema di welfare.
Nato negli anni ’70 come sintesi tra desiderio e diritto, il progetto di vita ha perso nel tempo la sua carica filosofica e antropologica, trasformandosi in uno strumento tecnico.
Oggi rischia di essere:
- santificato retoricamente, ma svuotato di contenuto;
- pianificato in modo rigido, ignorando la complessità della vita;
- gestito da servizi in posizione notarile, più attenti alla certificazione che all’accompagnamento.
Nella riflessione proposta vi è una immagine che propone , citiamo testualmente, “scrivere a matita i progetti delle persone”; è questa una metafora potente per rappresentare una visione del progetto di vita che sia flessibile, dinamica e aperta al cambiamento. Non si tratta di una semplice immagine evocativa, ma di una vera e propria critica al modo in cui il concetto di “progetto di vita” viene oggi utilizzato nel campo della disabilità, soprattutto alla luce del Decreto Legislativo 62/2024.
Scrivere a matita significa:
- accettare l’imprevedibilità della vita: gli eventi non sono sempre pianificabili, e le traiettorie esistenziali si modificano nel tempo;
- riconoscere il diritto al cambiamento: le persone devono poter riformulare i propri desideri, obiettivi e percorsi;
- contrastare la rigidità burocratica: il progetto di vita non può essere un documento fisso, ma un processo relazionale che si evolve;
- valorizzare la dimensione relazionale: il progetto non si scrive “su” qualcuno, ma “con” qualcuno, in dialogo continuo.
Nella pratica educativa e di presa in carica questo si traduce in
- un metodo educativo in tre atti: arare la terra (far emergere i saperi spontanei), seminare (innestare i saperi validati), ristrutturare (costruire conoscenza condivisa);
- un approccio circolare: ascolto, immaginazione, progettazione, sostegno, valutazione, ricalibratura;
- una cultura dell’avvenire: non estensione del presente, ma spazio da costruire insieme, con discontinuità e immaginazione.
Gli autori mettono in guardia contro la “santificazione retorica” del progetto di vita, che rischia di trasformarsi in un dispositivo tecnico rigido, più utile ai contenziosi giudiziari che alla qualità della vita. La matita, invece, rappresenta la possibilità di correggere, ricalibrare, riscrivere in base agli imprevisti e alle nuove consapevolezze.
Nel caso delle persone con disabilità, il progetto di vita non può essere circoscritto a un momento unico e carico di aspettative. Deve essere un itinerario relazionale che si sviluppa lungo tutto l’arco della vita e una pratica di sostegno personalizzato che si aggiorna nel tempo; questa visione si oppone all’idea che la vita sia “progettabile” in modo definitivo. Come scrivono gli autori, “la vita è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare dei progetti” (citando John Lennon), ecco perché ogni progetto che riguarda il futuro di una persona dovrebbe essere scritto a matita: per poter essere aggiornato rapidamente in relazione agli accadimenti auspicati e agli imprevisti.
Il D.lgs. 62/2024, attuativo della Legge Delega 227/2021, introduce novità importanti:
- nuova definizione di disabilità, basata sull’interazione tra persona e ambiente; supera “handicap” e “invalidità”, adottando una visione biopsicosociale;
- valutazione unica multidisciplinare, affidata all’INPS dal 2026 basata su ICD e ICF;
- progetto di vita personalizzato, partecipato e esigibile;
- accomodamento ragionevole come obbligo di legge; ossia tutti i soggetti pubblici e privati (come enti, servizi, datori di lavoro, scuole, università, trasporti, ecc.) sono tenuti per legge ad adottare modifiche e adattamenti necessari per garantire alle persone con disabilità il pieno esercizio dei propri diritti;
- sperimentazione in 9 province nel 2025 (tra cui la provincia di Sassari), estensione nazionale nel 2026.
Il decreto prevede:
- 350 milioni di euro dal 2026;
- incremento annuale di 85 milioni;
- fondi destinati a valutazione, progettazione, sostegni e adattamenti.
Ma gli autori sono chiari: “una volta immaginato il progetto, abbiamo l’impresa giusta per realizzarlo, i materiali, il terreno?” La risposta, oggi, è incerta.
Il sistema dei servizi è:
- disomogeneo, frammentato e carente; i servizi territoriali non sono riformati dal decreto;
- la Legge Delega non affronta direttamente la questione dell’offerta territoriale;
- si rischia di ripetere gli errori del “Dopo di noi”: a fronte di 100.000–150.000 potenziali beneficiari, solo 8.424 hanno ricevuto prestazioni;
- i servizi sono spesso relegati a un ruolo notarile, chiamati solo a certificare procedure, non a co-costruire percorsi;
- escluso dal dibattito sulla personalizzazione, come se fosse un dato di fatto.
Scrivere a matita i progetti delle persone significa riconoscere la vulnerabilità come spazio generativo. Il D.lgs. 62/2024 offre strumenti importanti, ma senza un welfare competente, equo e dialogante, il rischio è che il progetto resti una formula vuota.
Il problema non è “se” sostenere le persone, ma “come” farlo davvero. E per farlo, serve una visione educativa, relazionale e politica capace di sostenere il diritto all’avvenire.
Il Decreto Legislativo 62/2024 rappresenta un passaggio storico nel riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità; per la prima volta, il progetto di vita diventa diritto esigibile, e l’accomodamento ragionevole un obbligo di legge. Non si tratta solo di un cambiamento terminologico o procedurale, ma di un nuovo paradigma culturale che mette al centro la persona, le sue aspirazioni, la sua rete, il suo futuro.
Certo, le criticità non mancano: il sistema dei servizi deve essere riformato e rafforzato, gli operatori formati, le risorse rese stabili e sufficienti. Ma il quadro normativo offre strumenti concreti e spazi di possibilità importanti.
Scrivere a matita i progetti delle persone, come ci invitano a fare Lepri e Francescutti, significa accettare la complessità della vita e accompagnarla con rispetto, competenza e immaginazione. Ora che la legge apre il cammino, è il momento di trasformare le intenzioni in pratiche, le parole in relazioni, i diritti in esperienze vissute.